Occhi e amore, poesia e sguardo: binomi indissolubili sin dai tempi antichi. Da sempre i poeti si sono appellati alla visione per svelare uno dei sentimenti più straordinario e ineffabile. Dante Aligheri scrive “ sempre gli occhi della donna portano amore e rendono gentile tutto ciò che lei guarda”.
Chi non ricorderà la splendida poesia di Jaques Prevert, “Parigi di notte”, e i suoi tre fiammiferi, “uno per uno accesi nella notte”: “il primo per vedere il tuo viso/il secondo per vedere i tuoi occhi/l’ultimo per vedere la tua bocca”. E tutto il buio per ricordarmi queste cose/mentre ti stringo fra le braccia”.
Mentre nell’amore adultero di Victor Hugo per Juliette Drouet, lo sguardo è un silenzioso sostituto dei baci: “Faccio tutto ciò che posso/perchè il mio amore/non ti disturbi,/ti guardo di nascosto,/ti sorrido quando non mi vedi./Poso il mio sguardo/e la mia anima ovunque/vorrei posare i miei baci.”
Lì dove non possono giungere i baci alla luce del sole, giunge lo sguardo silenzioso e riservato dell’amante, non meno carico di sospiri e attese. Se il desiderio nasce nello sguardo e attraverso gli occhi si alimenta, viene spontaneo chiedersi perchè l’amore renda ciechi, a tal punto che divenga “finezza d’amore l’udir con gli occhi” (Shakespeare).
Offuscati sono gli occhi di colui che ama.
Recita così una poesia di Nazim Hikmet: “non posso esistere senza di te /mi dimentico di tutto tranne che rivederti:/la mia vita sembra che si arresti lì,/non vedo più avanti./sarei estremamente triste/senza la speranza di rivederti presto.”
Sarebbe interessante se, a questo punto, l’ottico decidesse di sottoporre il “ malato d’amore a dei veri e propri test optometrici per indagare le anomalie visive, alla ricerca di possibili cause fisiologiche e sistemiche.